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I promessi sposi (a fumetti) Alessandro Manzoni

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2A AMM
Prof.ssa Chiara Beccari
ASSANDRI JESSICA
BORELLA MARCELLA 
CHIPE MENENDEZ SUSAN ARIANA
CORNALBA DAVIDE 
DEDE’ SARA
DE POLI GADDO MARIO
DESSI’ ALESSANDRO
DI PIERRO ANGELICA
DONATI FRANCESCO
GHILARDI LETIZIA
GIOVANNETTI ELIAS MAURIZZIO LUIGI
GUERINI ALESSIA
KUMAR GAGAN
LANZI CHIARA
MARANGON STEFANO
MARIANI FILIPPO
MILESI GIADA
MORETTI MICHELA
NOLASCO DAMAZO JOHANNA LEYDY
ROGNONI GABRIELE
SUKU BARO
TILNEAC ANDREA MAGDALENA
TRESSOLDI VLADISLAV
2 B AMM
Prof.ssa Elisa Bernardelli
BEN HALLA SARA
BIONDI ERICA
DI GIACOMO MARTINA
DOLDI SARA
DOSSENA EMANUELA
EL MANSOURI HAJAR
HUANG HUILIN
IACCARIA ALESSANDRO
IORDACHE FLORINA LAVINIA
LUCIANI SARA
MARENZI ALESSANDRO
MOMBELLI ENRICO GIUSEPPE
PIETRA EUGENIO LORENZO
RIZZO MARIO
RODILOSSO FEDERICO
SAVCHENKO MARIYA
VANELLI ALBERTO
2C AMM
Prof.ssa Caterina Cagni
BIANCHI GIORGIA
BOMBELLI NICOLE
COCU CRISTINA
DENDENA BIANCA
ERCOLI PIETRO
MORISCO EDOARDO
MOTTA LUCA
PANZETTI ALICE
QUARTANI MICHELE
ROBERTS SAMUEL OLU-
WASEYI
RUSSO LUCA
SAVINO ALESSIA
SCHIFANO KIMBERLY
SIENA DANIELE
TRICRICO
 
2B REL
Prof.ssa Rosangela Ogliar Badessi
BADALOTTI DENISE
BASSO RICCI SOFIA
BASTICI ELENA
BELLINO VALERIA
BENAMIROUCHE BOUCHRA
BERGAMASCHI GIORGIA
BOMBELLI GRETA
DELLA NOCE GRETA
DURANTI ALESSIA
EL ADRAOUI BADIA
GRAVINA MARTINA
GUERINI MELISSA
INVERNIZZI MARTA
KAMESSE DORIS
LONGHI MARTINA
MANCASTROPPA ALICE
MARZANE KHOLOUD
MORONI MARTINA
PAVLENKO LARYSA
SCANDELLI SARA
SCHIRO’ FEDERICO
VITALONI NICOLO’
2D REL
Prof.ssa Lisa Nicoli
ACCETTURA ALESSIA
ALVAREZ ROSSI
BANT ALESSANDRO
CELENTANO MARIKA
FACCHI EMMA
FATELLO ALESSANDRO
FOLTRAN CHIARA
GRANATA LAURA
GUSMAROLI MICHELLE
LO GIUDICE REBECCA SOFIA
MARTINELLI ALESSANDRA
PACCHIONI NICOLE ANDREA
ROSSETTI MARTINA
SCARCELLA LUANA
SEVERGNINI ERIKA
TACCA MARTINA
TOSONI GIULIA
VAILATI ITZA’
VASSALLI FIONA
I Promessi Sposi a Fumetti
Progetto didattico realizzato presso l’Istituto Tecnico Statale Luca Pacioli di Crema
	 	 Progetto	grafico:
 Filippo Rossi
	 	 Assistente	di	produzione:
 Alessio D’Uva
	 	 Copertina:
 Bernardo Anichini
	 	 Supervisione:
 Valentina De Luca
	 	 Hanno	collaborato:
 Vincenzo Bizzarri
 Luca Lenci
Un ringraziamento particolare al Preside Giuseppe Strada e alle insegnanti Chiara Beccari, Elisa Bernardelli, Caterina Cagni, Valentina De Luca, Lisa Nicoli, 
Rosangela Ogliar Badessi, a tutto il personale scolastico, a Lauro Zanchi, Daniele Grosso, Stefano Erinaldi e naturalmente ad Alessandro Manzoni.
Gli autori:
I PROMESSI SPOSI 
A FUMETTI
ISTITUTO TECNICO STATALE
LUCA PACIOLI DI CREMA
in collaborazione con
KLEINER FLUG
Ma qualcuno legge ancora i grandi classici? 
E	prima	ancora:	perché	un	libro	è	un	classico,	e	un	altro	è	un	libro	e	basta?	
E’	vero	che	a	scuola	propiniamo	i	classici	solo	perché	ce	lo	dicono	i	programmi	ministeriali?
Negli	anni	della	generazione	digitale,	è	sempre	più	raro	trovare	giovani	veramente	interessati	semplicemente	alla	lettura.	
E allora non potremmo accontentarci anche solo del fatto che un ragazzo ha scoperto che il tempo impiegato su un 
libro	non	è	solo	tempo	sottratto	a	facebook,	ma	può	anche	essere	tempo	passato	piacevolmente?	E	per	ottenere	questo	
risultato,	non	è	forse	molto	meglio	un	bel	giallo,	magari	un	po’	violento,	magari	un	po’	hard,	invece	di	un	ponderoso	
Malavoglia?
Per	certi	versi	sono	anche	d’accordo.	Ed	è	anche	per	questo	che	la	nostra	biblioteca	scolastica	è	costantemente	aggior-
nata	con	gli	ultimi	successi	ed	è	sempre	aperta	agli	studenti.
Una	biblioteca	viva	è	un	posto	importante	per	una	scuola	attenta.
Ma, dicono le mie bravissime insegnanti, vanno certamente bene i libri del giorno, ma i classici sono un’altra cosa, ti 
danno	di	più,	ti	fanno	pensare,	ti	costringono	ad	approfondire,	ti	offrono	prospettive	diverse.	Sono	lezioni	di	vita	e	di	
varia umanità.
Ma nell’epoca di twitter, della società dell’immagine e dell’istante, come coinvolgere uno studente, come appassionarlo 
a	storie	e	personaggi	di	altri	mondi	più	lenti,	di	altri	linguaggi	più	meditati?
Noi	ci	abbiamo	provato.	Abbiamo	lanciato	una	sfida	a	noi	stessi	ed	ai	nostri	amici	della	casa	editrice	Kleiner	Flug.
Abbiamo	lavorato	come	per	una	ricetta	di	masterchef 	:	prendi	i	Promessi	Sposi,	seziona	il	testo,	dividi	i	compiti	in	
cucina, prendi un po’ di nuvola, aggiungi una manciata di matite,scegli i colori, sminuzza per bene i personaggi, impasta 
gli ambienti, amalgama le parti, disponile su uno schermo e servi in classe. 
Abbiamo scelto i Promessi Sposi. Ma potevamo scegliere un canto della Divina Commedia, Mastro don Gesualdo, 
l’Iliade,	Madame	Bovary	o	un	classico	qualsiasi.
La	chiave	di	volta	di	questo	esperimento	è	sintetizzabile	in	una	parola	:	contaminazione.
Abbiamo (hanno) provato ad unire il linguaggio del fumetto, fatto di immagini immediate, con l’uso delle tecnologie e 
dei nuovi linguaggi del web. Abbiamo (hanno) usato la peculiarità dell’aula 3.0 per favorire il lavoro di gruppo, la condi-
visione delle idee, lo scambio delle soluzioni, il dialogo a distanza. Abbiamo sfruttato la competenza e la collaborazione 
eccezionale dei “maestri” fumettisti della Scuola Internazionale di fumetto di Firenze. Ci siamo avvalsi della grande 
professionalità delle docenti del Pacioli, innamorate del loro lavoro e di Manzoni.
Ed	è	nato	questo	bellissimo	prodotto.
E	se	pensate	che	quando	parlo	del	prodotto	mi	riferisca	a	questo	e-book,	sbagliate	per	difetto.
L’e-book	è	molto	bello,	insperabilmente	bello	anche	dal	punto	di	vista	puramente	estetico.
Ma	il	prodotto	vero	e	più	bello	ancora	è	stato	ed	è	il	lavoro	delle	cinque	classi	coinvolte.
E’ stato incredibile ed anche divertente vedere studenti, altrimenti distratti, disimpegnati, menefreghisti lavorare al 
testo, proporre idee e situazioni, offrire soluzioni e vie di uscita.
Ciascuna classe, ciascuno studente ha dovuto leggersi il romanzo, scegliere dei personaggi, capire le situazioni in cui si 
trovano, descrivere gli ambienti in cui operano, per poi riprodurli in forma di tavola, di parte della storia.
Sembra	strano,	ma	oggi	questi	studenti	e	queste	classi	hanno	scoperto	cosa	fa	di	un	libro	un	classico.	E’	certamente	la	
scrittura,	ma	è	anche	la	profondità	dei	personaggi,	la	complessità	delle	situazioni,	l’intensità	dei	sentimenti,	la	visione	
del mondo trasmessa e la capacità di entrare in sintonia con il lettore.
Oggi,	se	parliamo	con	questi	ragazzi,	credo	proprio	che	ti	direbbero	che	i	Promessi	Sposi	sono	davvero	un	libro	bello	e	
interessante,	che	gli	è	piaciuto	leggerlo	e	che	ci	hanno	scoperto	un	sacco	di	cose	in	cui,	ancora	oggi,	si	sono	riconosciuti:	
l’amore, la solidarietà, le contraddizioni, la speranza.
Il	nostro	è	stato	ed	è	un	esperimento.	Un	esperimento	riuscito,	pur	tra	difficoltà	e	contraddizioni.
Un esperimento che ci ha permesso di produrre e proporre un possibile modello per il futuro.
Un	esperimento	che	svilupperemo	e	che	proponiamo	alla	critica	dei	nostri	venticinque	lettori.
Gli studenti hanno scoperto un classico. E magari domani decideranno di leggere anche un altro libro. Non importa se 
un giallo o un classico o un fumetto. Ma un libro.
Ed	anche	questo	è	un	grande	passo	avanti.
Giuseppe Strada
sarebbe comodo se manzoni 
rispondesse direttamente alle 
nostre domande...
già...
per esempio, perché 
nel 2014 dovremmo 
leggere ancora il
suo libro?
per volare alto!
per farvi capire
che la storia di renzo e lucia è 
la storia dei ragazzi di
tutti i tempi!
dai,
cominciamo!
introduzione
si innamorano... 
lottano...
voglio provocarvi e 
costringervi a prendere 
posizione sui problemi 
esistenziali dell’uomo!
voglio darvi il messaggio 
che le piccole storie, 
anche le più umili, fanno 
parte della grande
storia!
però, signor 
manzoni... quanto 
si muove!
noi pensavamo che lei fosse calmo, 
tranquillo, perennemente seduto
inuno studio a scrivere
o a pregare!
beh,
quello è un 
ritratto... da 
santo!
io sono tra di voi come artista 
problematico, inquieto...
vivo!
io sono
tra di voi perché vivo 
in ognuno dei miei
personaggi!
l’innominato?
c’est 
moi!
la
monaca di 
monza?
c’est moi! ma adesso...
partiamo!
? ?
?
?
?
uscite dall’aula e
passeggiate con me. a proposito, lo sapevate 
che sono stato un gran camminatore?
ma dove 
andiamo?
venite con
me verso l’incipit più 
famoso della lettera-
tura italiana.
a osservare dal 
vivo “quel ramo del 
lago di como”.
mi rac-
comando: 
pronti con 
lo zoom!
per una di queste stradicciole...
quel ramo del lago di 
como, che volge a mez-
zogiorno, è tutto a seni e 
golfi. dall’una e all’altra 
delle terre che si affac-
ciano sul lago corrono 
strade e stradette...
l’incontro con i bravi
lei ha
intenzione di 
maritar domani 
renzo trama-
glino e lucia 
mondella!
lor signori
sono uomini di 
mondo e sanno 
benissimo come 
vanno queste 
faccende. il
povero curato 
non c’entra...
orsù!
questo ma-
trimonio non 
s’ha da fare, 
né domani, né 
mai.
ma lor
signori son 
troppo giusti, 
troppo ragio-
nevoli...
via, vuol che 
dica il suo nome 
all’illustrissimo si-
gnor don rodrigo?
benissimo, e 
buonanotte, 
messere.
disposto...
disposto sempre 
all’obbedienza.
perpetua! vengo!
don abbondio, giunto 
tra il tumulto dei 
suoi pensieri, alla 
porta di casa sua...
don abbondio e perpetua
cos’ha, signor 
padrone?
niente, 
niente.
come, niente? la
vuol dare ad intendere a 
me? così brutto com’è? 
qualche gran caso è 
avvenuto.
per l’amor del cielo! non 
fate pettegolezzi, non fate 
schiamazzi: ne va... ne va la 
vita!
don abbondio, con molte sospensioni, 
con molti ohimè, racconta a perpetua il 
miserabile caso. quando si venne al nome 
terribile del mandante...
una piccola 
bagattella! a un 
galantuomo par 
mio! e domani 
com’andrà?
il mio parere sarebbe
che, siccome tutti dicono 
che il nostro arcivescovo è 
un sant’uomo, dico che lei gli 
scrivesse una bella lettera, 
per informarlo...
volete tacere?
volete tacere? son 
pareri codesti da dare 
a un pover’uomo? quan-
do mi fosse toccata 
una schioppettata nella 
schiena, l’arcivescovo 
me la leverebbe?
basta:
ci penserà questa 
notte. ma intanto non 
cominci a farsi male 
da sé, a rovinarsi la 
salute: mangi un
boccone.
quella notte...
la notte di don abbondio
la mattina dopo 
Renzo si reca da 
don abbondio per 
discutere del 
matrimonio...
oggi? abbiate pazienza, 
ma oggi non posso. e 
poi c’è degli imbrogli...
non so niente... in difesa del 
mio padrone, posso parlare: 
c’è bene a questo mondo de’ 
birboni, de’ prepotenti, degli 
uomini senza timor
di dio...
quel benedet-
t’uomo del signor 
curato m’ha impas-
trocchiate certe 
ragioni che non ho 
potuto ben capire: 
spiegatemi voi meglio 
perché non può o non 
vuole maritarci
oggi!
dunque parli! 
le prometto 
che fo uno 
sproposito, se 
lei non mi dice 
subito il nome 
di colui!
don...
“don rodrigo.”
e lucia?
lucia
non ne ha mai 
detta una parola 
a me! al suo 
promesso!
renzo camminava a passi infuriati verso 
casa, senza aver determinato quel che 
dovesse fare, ma con una smania addosso 
di far qualcosa di strano e di terribile.
dominato da questi 
pensieri, s’avviò a casa 
di lucia, ch’era un po’ 
fuori del villaggio.
renzo arrabbiato
lucia! per oggi, tutto è a monte. 
e dio solo sa quando potremo 
essere marito e moglie.
ah! fino a questo segno!
dunque voi sapevate...?
ora vi 
dirò 
tutto.
con voce rotta dal pianto, lucia racconta come pochi 
giorni prima le era passato innanzi don rodrigo, in com-
pagnia di un altro signore e li aveva sentiti ridere forte 
e dire “scommettiamo”. il giorno dopo, li incontra di 
nuovo e don rodrigo diceva “vedremo, vedremo.”
ho raccontato
tutto a padre 
cristoforo, l’ultima 
volta che siamo 
andate insieme alla 
chiesa del con-
vento.
e lui m’ha detto che cercassi d’affrettar le 
nozze il più possibile che potessi, e intanto 
stessi rinchiusa, che pregassi il signore.
a casa di lucia
sentite figliuoli, date
retta a me. io son venuta al mondo prima di voi e 
il mondo lo conosco un poco: il diavolo non è 
brutto quanto lo si dipinge.
a noi poverelli le matasse paion più im-
brogliate, perché non sappiam trovarne 
il bandolo ma alle volte un parere, una 
parolina d’un uomo che
abbia studiato...
andate a lecco 
e cercate del 
dottor azzecca-
garbugli, rac-
contategli...
ma non lo chiamate 
così, per amore del 
cielo!
lo conosco 
di vista.
dottore le devo parlare.
venite, 
figliuolo.
così, attraversando i campi, se 
n’andò per viottole, ruminando 
il discorso da fare al dottor 
azzecca-garbugli.
si può
parlare al signor 
dottore?
date qui, 
e andate 
innanzi.
azzecca-garbugli
c’è penale a 
minacciare un 
prete?
prendete i 
vostri capponi 
e andatevene!
in verità 
io non 
l’ho mai 
avuto!
io non ho
mai minacciato 
nessuno e non 
ho mai avuto a 
che fare con la 
giustizia...
diavolo! non sa-
pete spiegarvi!
quel prepotente 
di don rodrigo...
eh via! andate!
sapete leggere?
un poco, 
dottore...
allora seguitemi:
se bene... per la grida
d’ordine del signor duca di feria ai 14 di 
dicembre 1620... l’illustriss. et eccentiss... 
gonzalo fernandez de cordova... comin-
ciando dagli atti tirannici... così
nelle città come nelle ville...
renzo torna a casa 
da lucia e agnese. 
chiedono l’aiuto di 
fra cristoforo...
platonus...
vidit ferrer... 
che sia matrico-
lato costui... 
vi siete però 
fatto tagliare 
il ciuffo, siete 
stato pru-
dente.
fate luogo.
fate 
luogo voi, 
la dritta è 
mia.
sì se 
l’arroganza 
de vostri pari 
fosse legge 
per i pari miei.
co vostri pari 
è sempre mia.
nel mezzo vile meccanico 
o ch’ io t’insegno una 
volta come si tratta co’ 
gentiluomini.
voi mentite 
che io sia 
vile.
il sole non era
ancor tutto apparso 
all’orizzonte, quando 
il padre cristoforo 
uscì dal suo convento 
di pescarenico per 
salire alla casetta 
dov’era aspettato. 
non era sempre stato 
così, né sempre era 
stato cristoforo: il 
suo nome di battesimo 
era Lodovico...andava 
un giorno per strada, 
che vide spuntar da 
lontano un signore 
tale...
il passato di fra cristoforo
cristoforo!
zock!
riflettendo quindi a’ casi suoi, sentì rinascere più che mai vivo e serio quel pensiero di farsi 
frate, che altre volte gli era passato per la mente: gli parve che dio medesimo l’avesse messo 
sulla strada, e datogli un segno del suo volere. e, dovendo, secondo l’uso, lasciare il suo 
nome, e prenderne un altro, ne scelse uno che gli rammentasse, in ogni momento, ciò che aveva 
da espiare e si chiamò fra cristoforo, come uno dei bravi che l’accompagnava.
dopo aver parlato con renzo e le 
donne, fra cristoforo si mise subito 
in cammino, verso il covile della fiera 
che voleva provarsi d’ammansare.
padre,
padre, venga pure 
avanti: qui non si fanno 
aspettare i cappuccini, 
noi siamo amici del
convento.
al castello di don rodrigo
non è lei... il pa-
dre cristoforo 
di pescarenico?
per l’appunto.
sarà per 
fare del 
bene. se ne 
può fare 
per tutto.
bramerei di
 parlare da solo 
a solo con don 
rodrigo, con suo co-
modo, per un affare 
d’importanza.
ehi! ehi! padre 
riverito, avanti! 
avanti!
intanto si porti
da bere al padre! per 
bacco, non sarà mai 
vero che un cappuc-
cino vada via da questa 
casa senza aver gu-
statodel mio vino!
eccomi a’ 
suoi comandi.
certi uomini di mal
affare hanno messo innanzi il 
nome di vossignoria illus-
trissima, per far paura a un 
povero curato, per impedirgli 
di compiere il suo dovere e 
soverchiare due innocenti.
io non so
quel che lei voglia 
dire: non capisco 
altro se non che ci 
dev’essere qualche 
fanciulla che le 
piace. e non si prenda 
la libertà d’infastidir 
più a lungo un genti-
luomo.
parlo
come si parla a 
chi è abbandonato 
da dio e non può 
più far paura.
sentite
bene quel 
ch’io vi pro-
metto: verrà 
un giorno...
buongiorno, 
venivo solamente 
per dire una pa-
rolina a tonio...
se vuoi
tonio, per non 
disturbar le 
tue donne, pos-
siamo andare 
all’osteria.
tu hai un debito 
di venticinque 
lire col signor 
curato.
io te lo posso 
saldare e in 
cambio tu mi fai 
un favore.
intanto, nella casetta di lucia, erano 
stati messi in campo e ventilati disegni de’ 
quali ci conviene informare il lettore. 
agnese aveva maturato un progetto...
renzo e tonio
va bene.
a domani.
il signor curato va
maturando certe ragioni senza sugo per tirar 
lungo il mio matrimonio. mi dicon di sicuro 
che, presentandosegli i due sposi, con due 
testimoni e dicendo io: questa è mia moglie e 
lucia, questo è il mio marito, il matrimonio
è bell’e fatto.
m’hai tu inteso?
cosa succede? cosa ci 
fate qua a quest’ora?
buonasera perpetua. 
siamo qui per sal-
dare il debito con 
don abbondio.
zitti zitti, nelle tenebre...
il matrimonio a sorpresa
buona sera 
agnese, di 
dove si viene 
a quest’ora?
è arrivato tonio per 
saldare il suo debito.
buona sera
perpetua. 
vengo da... e 
se sapeste...
entrate voi, 
che vengo 
anch’io.
dirà il signor 
curato, che sono 
venuto tardi...
vediamo...
mi son 
fermata di 
più, appunto, 
in grazia 
vostra.
oh perché?
sicuro 
ch’è 
tardi.
son venticinque ber-
linghe nuove, di quelle 
col sant’ambrogio a 
cavallo. ora mi darà 
la collana della mia 
tecla.
è giusto.
...non vi siete
sposata perché nessuno vi ha 
voluto: nè Beppe Suolavecchia, nè 
Anselmo lunghigna...
son tutte bugie.
oh la
bugiardona! 
chi è costei?
non me
lo domandare 
che non mi piace 
metter male...
perché una donna 
mi ha detto che...
guardate
se si può inventare, 
a questo modo. in 
quanto a beppe tutti 
sanno e hanno potu-
to vedere...
misericordia! 
cos’è stato?
cosa c’è? 
cosa c’è?
signor curato,
in presenza di questi 
testimoni...
aiuto!
tradimento!
?
misericordia!
la gente cominciò 
ad accorrere sulla 
piazza, e ingrossava 
ogni momento.
dio sia 
benedetto!
questo paese non è 
sicuro per voi...
e così renzo e lucia sono 
costretti a scappare verso 
il convento di pescarenico... 
la lettera
andate a 
milano...
...e portate 
questa let-
tera al padre 
bonaventura.
il cuor mi 
dice che ci 
rivedremo 
presto...
“addio casa natia...
addio, casa straniera... 
addio chiesa...”
addio ai monti
la mattina 
seguente...
arrivederci!
arrivati a monza...
signora illustrissima...
illustrissima: 
mia figlia aveva in 
odio quel cavaliere. 
è necessario
nasconderla!
la monaca di monza
siete ben 
pronta a 
parlare!
reverenda 
signora... 
quello che 
le ha detto 
mia madre è 
pura verità.
...a voi credo...
state 
zitta voi!
non sono
state adoperate 
minacce...?
la vera risposta a una tale 
domanda si affacciò subito 
alla mente di gertrude.
bello eh.
il passato di gertrude
l’aspetto di gertrude, la monaca, che 
poteva dimostrar venticinque anni, 
faceva a prima vista un’impressione di 
bellezza, ma d’una bellezza sbattu-
ta, sfiorita e, direi quasi, scomposta. 
La nostra infelice era ancor 
nascosta nel ventre della madre, 
che la sua condizione era già ir-
revocabilmente stabilita. Rimaneva 
soltanto da decidersi se sarebbe 
un monaco o una monaca. Era essa 
l’ultima figlia di un certo principe, 
gran gentiluomo milanese, che 
poteva contarsi tra i più doviziosi 
della città.
Il contegno del principe era
abitualmente quello d’un padrone 
austero;
ma quando si trattava dello stato 
futuro de’ suoi figli, dal suo volto 
e da ogni sua parola traspariva 
un’immobilità di risoluzione, una 
ombrosa gelosia di comando, che 
imprimeva il sentimento d’una neces-
sità fatale.
ahahah! 
le si faceva sentire che 
c’era un mezzo di riacquistar 
l’affetto della famiglia.
Di rado, e solo a certe ore 
stabilite, era ammessa alla com-
pagnia de’ parenti e del primo-
genito. Tra loro tre pareva che 
regnasse una gran confidenza, la 
quale rendeva più sensibile e più 
doloroso l’abbandono in cui era 
lasciata Gertrude. Nessuno le 
rivolgeva il discorso.
ahahahah!
Dovette però accorgersi che un 
paggio, ben diverso da coloro, 
le portava un rispetto, e sentiva 
per lei una compassione d’un 
genere particolare. Il contegno 
di quel ragazzotto era ciò che 
Gertrude aveva fino allora visto 
di più somigliante a quell’ordine 
di cose tanto contemplato 
nella sua immaginativa.
Il terrore di Gertrude, 
al rumor de’ passi di lui, 
non si può descrivere 
né immaginare: era quel 
padre, era irritato, e lei 
si sentiva colpevole. 
Le parole non furon 
molte, ma terribili: si 
prometteva, si lascia-
va vedere per aria, un 
gastigo oscuro, inde-
terminato, e quindi più 
spaventoso.
che è che non è, una 
mattina, fu sorpresa da 
una cameriera, mentre 
stava piegando alla 
sfuggita una carta, 
sulla quale avrebbe 
fatto meglio a non 
iscriver nulla. Dopo un 
breve tira tira, la carta 
rimase nelle mani della 
camerie-ra, e da queste 
passò in quelle del 
principe.
Quella che pareva più proba-
bile, era di venir ricondotta al 
monastero di Monza e di starvi 
rinchiusa chi sa fino a quando!
che volete bravo giovine?
saprebbe
insegnarmi la 
strada per il 
convento dei
cappuccini?
renzo riconosce 
quella gran mac-
china del duomo.
renzo a milano
intanto...
?!
11-12
alcuni, tra la folla, vorreb-
bero uccidere il vicario, 
ritenuto responsabile di 
quell’affamamento. altri 
invece lo difendono. renzo 
viene sballottato tra gli 
uni e gli altri. il vicario si 
dimette e dichiara di dedi-
carsi a vita di eremita. ma i 
tumulti continuano e renzo 
si trova a fare un’orazione 
contro i prepotenti. esau-
sto, finisce per trovare 
un’osteria, l’osteria della 
luna, dove mangia l’ultimo 
dei pani che aveva raccolto 
al forno.
dichiara di averlo avuto 
gratis e questo insospet-
tisce i presenti. intanto 
renzo beve un bicchiere di 
vino di troppo e continua le 
sue orazioni, attirando su di 
sè gli occhi dell’oste, che 
finisce con il denunciarlo 
alla polizia come uno dei 
capi della rivolta. renzo al-
lora è costretto a fuggire 
da milano.
renzo fugge sulle rive dell’adda
ho bisogno 
di un gran 
favore...
e bene, 
cosa devo 
fare?
andate al
convento dei 
cappuccini. sentite lucia...
tornate 
presto.
a monza, intanto... gertrude era stata con-
vinta da egidio, un suo vecchio 
amante a consegnare lucia 
all’innominato, il potente a cui 
don rodrigo aveva chiesto aiuto 
per rapire la povera lucia.
lasciatemi 
andare!
coraggio!
il rapimento di lucia
chi siete 
voi? chi ve 
lo può aver 
comandato?
zitta!
lasciatemi! 
lasciatemi 
andare!
“trasportiamoci 
al castello dove 
l’infelice è aspettata.”
tump!
apri!
chi t’ha detto che tu la 
buttassi là come un sacco 
di stracci, sciagurata?
alzatevi.
v’ho
detto che 
non voglio 
farvi del 
male.
dialogo tra l’innominato e lucia
perché
m’hanno presa? 
perché sono qui? 
dove sono? cosa 
le hofatto? in 
nome di dio...
dio, dio, sem-
pre questo dio! 
coloro che non 
possono difendersi 
da sé, sempre han 
questo dio!
dio perdona 
tante cose 
per un’opera di 
misericordia.
domattina 
ci rivediamo, 
vi dico.
io muoio!
vergine santissima!
aiutatemi! fatemi uscire da 
questo pericolo, e fo voto a 
voi di rimaner vergine...
il voto di lucia
la notte dell’innominato
no!
che sta 
succeden-
do?
da tanto 
tempo, tante 
volte, avrei 
dovuto venir 
io da voi.
da me, voi? sapete chi 
sono? v’hanno detto 
bene il mio nome?
voi
avete una 
buona nuova 
da darmi!
la conversione dell’innominato
dio v’ha toccato 
il cuore.
no! non
sapete tutto 
ciò che ha fatto 
questa mano
che volete
stringere!
dio è veramente 
buono! io mi 
conosco ora!
ah! non perdiamo tempo! 
sapete di dove sia questa 
povera nostra
travagliata?
una buona nuova 
io? ho l’inferno 
nel cuore!
e così il cardi-
nale federigo e 
l’innominato vanno 
a liberare lucia...
andate ad 
aspettarmi 
nella sala 
grande.
figliuoli.
dio misericordioso 
mi ha chiamato a mu-
tar vita: e muterò.
chi vuol restare a 
questi patti, sarà 
per me come un 
figliuolo.
pensateci questa 
notte. per ora 
ritiratevi ognuno 
al suo posto.
perchè non avete
voi unita in matrimonio quella 
povera lucia col suo promesso 
sposo? se è vero che, prima di 
tutti codesti casi, abbiate rifiu-
tato di celebrare il matrimonio, 
quando n’eravate richiesto, nel 
giorno fissato; e il perchè?
veramente... se vossignoria illustrissima 
sapesse... che intimazioni... che comandi 
terribili ho avuti di non parlare...
che sarebbe la
chiesa, se codesto vostro 
linguaggio fosse quello di 
tutti i vostri confratelli? 
dove sarebbe, se fosse 
comparsa nel mondo con 
codeste dottrine?
ora, purtroppo, non 
hanno bisogno di voi e 
non avete occasione di 
far loro del bene. ma 
chi sa se dio misericor-
sioso non ve ne
prepara? 
dialogo fra il cardinale borromeo e don abbondio
Le ultime notizie del rapimento di Lu-
cia, della conversione dell’Innominato 
e della successiva liberazione della 
giovane, giungono anche al paesello 
dei promessi sposi. intanto arriva 
anche il cardinale federigo, il quale 
incontra don abbondio...
al lazzaretto
renzo decide di tornare al suo 
paese, ma prima si ferma a milano...
può esser gastigo, può esser miseri-
cordia... benedicilo, e sei
benedetto.
oh! fra
cristoforo!
renzo riconosce don rodrigo, 
infelice, immoto. pallido il viso 
e sparso di macchie nere, come 
nere ed enfiate le labbra.
don!
ora va... sii preparato a rice-
vere notizie, belle o brutte. 
comunque ti aiuterò.
don!
sto 
bene 
quando 
vi vedo!
vi saluto: 
come state?
lucia! v’ho 
trovata!
ah...
renzo perché 
siete voi
qui?
ho fatto una 
promessa alla 
madonna... un 
voto!
lucia è convinta di non 
poter infrangere il voto 
ma renzo la fa parlare 
con fra cristoforo, il 
quale scioglie il voto. 
renzo e lucia tornano 
al paese, mentre fra 
cristoforo cade per la 
peste al lazzaretto...
la peste finì e si portò 
via molte persone...
ma finalmente...
finale
oh signore 
benedetto!
e così...
oh no!
cosa vuole anco-
ra quel giovine?
ehilà
don ab-
bondio! le è 
poi passato 
quel dolore 
di capo?
questo matrimonio non si può fare! 
v’ho forse detto di no? è solo 
che...
don
rodgrigo è 
morto! l’ho 
visto con i miei 
stessi occhi! e 
non sto
mentendo!
e noi possiamo confermare.
abbiamo anche delle prove se 
non ci crede...
ah! è
morto 
dunque! è 
stata una 
gran scopa 
questa 
peste: ha 
spazzato 
via certi 
soggetti...
quindi... domenica vi 
sposo in chiesa! lei sa benech’ eravamo 
venuti appunto 
per questo.
dopo molti se e molti ma...
venne quel benedetto 
giorno, i due promessi 
andarono, e con sicurezza 
trionfale, festeggiarono e 
per bocca di don abbondio 
si ritrovarono sposi.
non si pensò più che a fare 
i fagotti e a mettersi in 
viaggio per la nuova patria: 
un paesino in provincia di 
bergamo.
prima che finisse l’anno 
del matrimonio, venne alla 
luce una meravigliosa 
creatura: maria.
con il tempo ne ven-
nero quant’altri e 
agnese era affaccen-
data a portarli qua e là, 
chiamandoli cattivacci...
e stampando loro in viso 
de’ bacioni, che lasciavano 
il bianco per qualche 
tempo!
e vissero tutti 
felici e contenti.
epilogo
io ho imparato...
“...a non bussare 
alle porte;”
“a non mettermi 
un campanello 
al piede;”
“a non alzare 
il gomito;”
“a non predicare 
in piazza.”
io di guai non 
ne ho cercati...
...sono loro 
che hanno 
trovato me!
i guai vengono spesso, perché ci 
si è dato cagione; ma la condotta 
più cauta e innocente non basta a 
tenerli lontani.
questa conclusione, benché trovata 
da povera gente, c’è parsa così giusta, 
che abbiam pensato di metterla qui, 
come il sugo di tutta la storia...
...la quale, se
non v’è dispiaciuta affatto, 
vogliatene bene a chi l’ha scrit-
ta, e anche un pochino a chi l’ha 
raccomodata. ma se in-
vece fossimo riusciti ad
annoiarvi, credete che non
s’è fatto apposta.
FINE

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